IKIGAI

“Jole ci invita a entrare in silenzio nel suo giardino incantato che sembra aver perso ogni riferimento alla realtà e la cognizione del tempo e dello spazio. Qui l’Albero non compare mai nella sua integrità ma solo in una sua parte: sezioni del tronco, rami ciechi che non cercano la luce e radici mute che interrompono il dialogo col cuore della terra. Questi legni trovati sulla spiaggia e trasportati dalle mareggiate sono uomini alla deriva che hanno affrontato le difficoltà della vita e ne portano il segno sulla pelle, sbiancati e modellati dal mare come in un rito di purificazione che fa emergere nel profilo poroso della fibra i riflessi dorati di una luce interiore.”
FLAMINIA FANARI

IKIGAI è la produzione di Maria Jole Serreli che registra un momento cruciale della sua esperienza artistica, perché esprime una fase di transizione dal piano di coscienza personale a quello universale, un passaggio vissuto senza contraddizioni a garanzia del sentimento organico che ne ispira l’intera ideazione creativa.

Le opere di questa lunga fase espressiva appartengono a un imponente progetto di elaborazione materico-concettuale, in cui la riflessione sul profondo senso della vita inizia con la ricerca del proprio ikigai. Per Jole tale ricerca non si conclude nella multiforme esperienza artistica, ma l’arte rappresenta comunque il tramite privilegiato per raggiungerlo, perché ristabilisce, attraverso solidi legami col mondo circostante e col passato, l’equilibrio armonico del presente.

Accogliendo alcuni principi fondanti delle filosofie dell’Asia orientale all’interno del proprio patrimonio culturale e cultuale, l’artista crea nuovi legami che completano la personale visione naturalistica e intimista del mondo, da cui deriva l’interpretazione simbolica dell’Albero quale sintesi espressiva dell’umana condizione esistenziale.

Jole ci invita a entrare in silenzio nel suo giardino incantato che sembra aver perso ogni riferimento alla realtà e la cognizione del tempo e dello spazio. Qui l’Albero non compare mai nella sua integrità ma solo in una sua parte: sezioni del tronco, rami ciechi che non cercano la luce e radici mute che interrompono il dialogo col cuore della terra. Questi legni trovati sulla spiaggia e trasportati dalle mareggiate sono uomini alla deriva che hanno affrontato le difficoltà della vita e ne portano il segno sulla pelle, sbiancati e modellati dal mare come in un rito di purificazione che fa emergere nel profilo poroso della fibra i riflessi dorati di una luce interiore.

Carichi di energie vitali come i gongshi cinesi, i frammenti di umanità vengono ricomposti ordinatamente nelle installazioni e assieme ai tessuti slavati di bianco e inchiostrati di nero invitano alla meditazione (yin) e all’azione (yang) per la realizzazione di un mondo equilibrato e armonico, in cui ognuno possa sentirsi simultaneamente parte e tutto. Formando idealmente il colonnato di un tempio universale, vivono in piena connessione gli uni con gli altri in un’atmosfera consacrata alla virtù contemplativa e ritrovano la propria ragion d’essere semplicemente nel respirare e nel dare respiro all’umanità intera al ritmo di un tempo finalmente naturale.

Photo credit:
Nelly Dietzel (catalogo “Curve nella memoria” a cura C. Manca)
Consorzio Camщ (Exmа exibithion & Galleria MAEC Milano “A Casa mia avevo tre sedie”  a cura di S. Campus)